🔍 Controlli a distanza, privacy e lavoratori: cosa può (e non può) fare il datore di lavoro.
- Studio Legale NC

- 17 ott
- Tempo di lettura: 4 min
Tra tecnologia e diritti
Smart working, app aziendali, GPS, telecamere, chat interne: oggi il confine tra lavoro e privacy è sempre più sottile.Ma fino a che punto il datore di lavoro può controllare? E quali tutele ha il lavoratore?
Il principio di fondo è semplice: nessun controllo può ledere la dignità e la riservatezza del dipendente.Il diritto di verifica dell’azienda non è illimitato: deve essere giustificato, proporzionato e trasparente.
Le regole base: lo Statuto dei Lavoratori e il GDPR
Due norme guidano tutta la materia:
Art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970): vieta controlli a distanza se non per esigenze organizzative, produttive o di sicurezza, e solo previo accordo sindacale o autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro.
Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e Codice Privacy (D.Lgs. 196/2003): impongono che ogni trattamento dei dati sia lecito, trasparente e proporzionato.
In breve: anche se c’è un accordo sindacale, il datore deve rispettare comunque la privacy.
Controlli ammessi (e vietati)
Geolocalizzazione e GPS
Consentiti solo se necessari (es. sicurezza, tutela veicoli, organizzazione logistica).
Vietato il monitoraggio continuo dei dipendenti, soprattutto fuori orario o durante lo smart working.
Il Garante (provv. 13 marzo 2025) ha multato un’azienda per 50.000 € per geolocalizzazione costante di 100 lavoratori in remoto.
È obbligatoria l’informativa chiara e la disattivazione automatica fuori orario.
Email e chat aziendali
Il datore può accedere solo in casi specifici, ad esempio per verificare condotte illecite o per esigenze organizzative urgenti.
Controlli retroattivi (sulle email precedenti al sospetto) sono illegittimi e inutilizzabili ai fini disciplinari (Cass. 807/2025).
Occorre che sia stato informato preventivamente il lavoratore sui limiti di utilizzo della posta aziendale.
Telecamere e videosorveglianza
Consentite solo con accordo sindacale o autorizzazione ITL, salvo che riprendano aree pubbliche o a rischio sicurezza (es. casse, ingressi).
Le immagini vanno conservate per un periodo limitato (in genere max 24–48 ore, salvo indagini).
Deve sempre esserci un cartello informativo chiaro e visibile.
Strumenti informatici e log aziendali
Software di monitoraggio (ad es. controllo produttività, attività PC) devono rispettare minimizzazione e proporzionalità.
Il datore non può leggere conversazioni private o file personali.
È consigliata la redazione di una policy interna sull’uso di strumenti digitali.
Sanzioni e conseguenze
Il Garante Privacy può imporre sanzioni fino a 20 milioni € o al 4 % del fatturato per violazioni del GDPR.
L’Ispettorato del Lavoro può ordinare la rimozione degli impianti illegittimi.
Le prove raccolte con controlli illeciti non possono essere usate in sede disciplinare.
Il lavoratore può chiedere risarcimento dei danni per violazione della privacy e della dignità personale.
Cosa deve fare un datore di lavoro prudente
Definire finalità chiare e documentate del controllo.
Concludere un accordo sindacale o richiedere autorizzazione ITL.
Predisporre un’informativa dettagliata per i lavoratori.
Limitare tempi e ambiti di raccolta dati.
Aggiornare registro dei trattamenti e, se necessario, effettuare DPIA.
Formare chi gestisce i dati.
Consigli pratici per i lavoratori
Chiedi l’informativa: devi sapere se e come sei monitorato.
Se vieni geolocalizzato costantemente, chiedi chiarimenti scritti.
In caso di contestazione disciplinare basata su controlli “invisibili”, verifica con un legale la legittimità delle prove.
Puoi segnalare abusi al Garante per la Protezione dei Dati Personali o impugnarli davanti al giudice del lavoro.
📚 Sezione FAQ – domande frequenti
❓1. Il datore può leggere le mie email aziendali?
Solo se lo prevede una policy chiara e in casi specifici (es. sospetto illecito, esigenze organizzative). Non può monitorare costantemente o accedere retroattivamente alle email.
❓2. Può installare GPS sull’auto aziendale?
Sì, ma solo per motivi legittimi (es. sicurezza, gestione flotte) e previa informativa e autorizzazione sindacale o ITL. Il tracciamento continuo è illecito.
❓3. È legale controllare chat su Teams, WhatsApp o altre app aziendali?
Solo se le chat sono strumenti di lavoro aziendali e il controllo serve a fini organizzativi, mai per sorvegliarecomportamenti personali.
❓4. In smart working, il datore può usare software di monitoraggio?
Può adottare strumenti per misurare la produttività, ma non può controllare la persona: nessun tracking costante, no webcam forzate o screenshot automatici.
❓5. Cosa rischio se mi accorgo che vengo “spiato”?
Puoi chiedere spiegazioni formali, rivolgerti al Garante Privacy o ad un avvocato del lavoro. Le prove raccolte con sistemi illegittimi non sono valide e puoi ottenere tutela risarcitoria.
❓6. E se accetto il controllo nel contratto?
Il consenso non basta: anche se firmi, il datore deve comunque rispettare le norme di legge e del GDPR. Il consenso del dipendente non sana un controllo illecito.
❓7. Cosa può fare il datore per tutelarsi?
Predisporre una policy interna, limitare i controlli nel tempo e nello spazio, coinvolgere il DPO, formare i responsabili, e richiedere autorizzazione preventiva per strumenti “intrusivi”.
🔚 Conclusione
Il confine tra controllo legittimo e violazione della privacy è sempre più sottile.L’unico modo per non sbagliare è rispettare la trasparenza, la proporzionalità e la dignità del lavoratore.Chi adotta sistemi di controllo deve poter dimostrare di aver scelto la via meno invasiva possibile.
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Avv. Anna Maria Nangano - Studio Legale NC




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