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Assegno di divorzio cosa c'è di nuovo: la Cassazione tutela il coniuge più fragile (Ord. n. 18506/2024)

La Cassazione n. 18506/2024 rafforza la tutela del coniuge più debole: l’assegno di divorzio non è solo assistenziale, ma anche compensativo e perequativo. Scopri cosa cambia e perché è una svolta nel diritto di famiglia.

La nuova prospettiva sull’assegno di divorzio

Con l’ordinanza n. 18506 del 8 luglio 2024, la Corte di Cassazione, Sezione I civile, interviene con forza sul tema dell’assegno divorzile, confermando l’orientamento introdotto dalle Sezioni Unite n. 18287/2018 ma con un’importante precisazione:l’assegno non serve solo a garantire la sopravvivenza economica del coniuge più debole, ma anche a riequilibrare gli effetti economici delle scelte di vita familiare condivise durante il matrimonio.

In altre parole, la solidarietà post-coniugale non si esaurisce con il divorzio, ma continua a tutelare chi, per anni, ha investito nel progetto familiare rinunciando alla propria crescita professionale.

Il caso: sacrificio professionale e squilibrio patrimoniale

La vicenda nasce dal ricorso di un ex marito contro la decisione della Corte d’Appello di Milano, che aveva riconosciuto un assegno divorzile di 600 euro mensili all’ex moglie.Quest’ultima, insegnante, aveva dedicato gran parte della propria vita familiare alla cura dei figli e al sostegno dell’attività imprenditoriale del marito, sacrificando opportunità di carriera e di reddito.

La Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendo corretta la valutazione dei giudici di merito: lo squilibrio economico tra gli ex coniugi derivava da scelte comuni di vita matrimoniale, e il contributo della moglie alla crescita del patrimonio familiare giustificava pienamente l’assegno in chiave compensativo–perequativa.

I principi affermati dalla Cassazione n. 18506/2024

L’ordinanza riafferma e consolida alcuni principi fondamentali per la giurisprudenza in materia di divorzio:

  1. Funzione compensativa e perequativa dell’assegno:lo strumento serve a riequilibrare le disparità economiche derivanti dalle scelte di vita familiare, riconoscendo il valore economico del lavoro di cura.

  2. I sacrifici professionali non necessitano di prova esplicita:è sufficiente dimostrare un rapporto causale tra la rinuncia lavorativa e l’impegno familiare, anche attraverso presunzioni.

  3. Il matrimonio come fonte di spostamento patrimoniale:se uno dei coniugi ha accresciuto il proprio patrimonio grazie al sostegno dell’altro, l’assegno divorzile corregge tale squilibrio “ex post”.

  4. Il profilo assistenziale viene assorbito:quando l’assegno ha funzione perequativo–compensativa, l’aspetto assistenziale diventa secondario: ciò che conta è il riconoscimento del valore del contributo personale e familiare.

Una tutela concreta per il coniuge più debole

La Cassazione, con questa ordinanza, compie un ulteriore passo verso un diritto di famiglia più equo e sensibile alle dinamiche reali della vita coniugale.Riconosce il lavoro silenzioso, spesso invisibile, di chi ha messo da parte la carriera per crescere i figli, gestire la casa e sostenere il partner.In questo modo, la Corte riafferma il principio che l’equità economica tra ex coniugi non è una concessione, ma un diritto fondato sulla solidarietà e sulla giustizia sostanziale.

Cosa cambia in pratica

Dopo la sentenza n. 18506/2024:

  • i giudici dovranno valutare non solo i redditi attuali, ma anche le scelte familiari condivise che hanno prodotto lo squilibrio economico;

  • l’assegno divorzile potrà essere riconosciuto anche in assenza di disoccupazione o bisogno materiale, se emerge una rinuncia professionale significativa;

  • il contributo “invisibile” alla crescita del patrimonio familiare acquista valore giuridico pieno.

Conclusione

L’ordinanza della Cassazione del luglio 2024 si inserisce nel solco di un diritto di famiglia moderno, che guarda non solo ai numeri ma alle storie di vita. È una decisione che rafforza la protezione del coniuge più fragile e valorizza il principio di reciprocità: il matrimonio è un progetto comune, e anche la sua fine deve essere regolata da equità e riconoscenza.

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